Scoperto un ruolo del recettore degli androgeni nella rimielinizzazione

 

 

NICOLE CARDON

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 17 dicembre 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’importanza della guaina mielinica per l’assone va ben oltre il ruolo di struttura che consente la rapida conduzione saltatoria dell’impulso nervoso nel sistema nervoso centrale, perché il suo supporto metabolico diretto del neurite ed indiretto del neurone ha un valore vitale.

Durante la filogenesi, la mielina compare relativamente tardi nell’evoluzione dei vertebrati con mandibola articolata e, cosa del tutto trascurata in passato, in concomitanza con l’evento molecolare costituito dell’emergere del recettore degli androgeni (AR, da androgen receptor). Tale concomitanza ha suggerito un ruolo indiretto di questa molecola recettoriale, ovvero un ruolo diretto degli ormoni sessuali maschili nel processo di formazione della mielina da parte delle cellule gliali preposte, cioè degli oligodendrociti nel sistema nervoso centrale.

Su questa ipotesi di lavoro ha condotto un’intensa attività di ricerca un team numeroso e composito, formato da ricercatori provenienti da Francia, Stati Uniti, Polonia, Pakistan, Liechtenstein e Regno Unito, che ha indagato la possibilità di un ruolo del recettore in seguito alla demielinizzazione, ossia nella condizione che caratterizza le malattie demielinizzanti del sistema nervoso centrale umano e, in primo luogo, la sclerosi multipla.

I ricercatori hanno rilevato che, a seguito del prodursi di demielinizzazione nel sistema nervoso centrale, la gonade maschile, l’ormone sessuale testosterone e il suo recettore favoriscono il reclutamento degli astrociti e la rigenerazione della mielina da parte degli oligodendrociti. In assenza di questi tre elementi veicolanti l’azione recettoriale degli steroidi androgeni, gli astrociti rimangono sparsi e distanti, e si rileva prevalentemente il tipo di rimielinizzazione periferica, classicamente associato alle cellule di Schwann.

I risultati di questo studio sono di notevole interesse, perché rivelano un nuovo ruolo della segnalazione degli androgeni nella formazione della mielina nel sistema nervoso centrale e nella comunicazione fra cellule gliali, con possibili implicazioni per la comprensione di numerosi processi caratterizzanti le malattie demielinizzanti, vari disturbi psichiatrici e patologie legate all’invecchiamento.

(Bielecki B., et al. Unexpected central role of the androgen receptor in the spontaneous regeneration of myelin. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1614826113, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Neurology and Stroke, Medical University of Lodz, Lodz (Polonia); U1195 INSERM, University Paris-Sud, University Paris-Saclay, Kremlin-Bicêtre (Francia); Mattern Foundation, Vaduz (Liechtenstein); U1130 INSERM, UMR 8246 CNRS, University Pierre and Marie Curie, Paris (Francia); UMR 7357 CNRS, University of Strasbourg, Strasbourg (Francia); International Center for Chemical and Biological Sciences, University of Karachi, Karachi (Pachistan); Department of Anatomy and Neurobiology, Virginia Commonwealth University, Richmond, VA (USA); Department of Clinical Neurosciences, University of Cambridge, Cambridge (Regno Unito).

Prima di esporre in sintesi i contenuti della sperimentazione si riportano alcune nozioni introduttive sul recettore degli ormoni maschili e sulla rimielinizzazione.

Il recettore degli androgeni (AR), che agisce prevalentemente come fattore di trascrizione ma può agire anche indipendentemente dal legame al DNA causando rapidi cambiamenti cellulari quali variazioni ioniche, è il quarto membro del gruppo C della terza sottofamiglia dei recettori nucleari (NR3C4). La sua attivazione fisiologica è determinata dal legame degli ormoni steroidei androgeni testosterone e diidrotestosterone, ciascuno dei quali, interagendo nel citoplasma col sito di legame della macromolecola proteica, ne determina la traslocazione nel nucleo secondo il tipico meccanismo degli steroidi ormonali. L’affinità con il recettore del progesterone comporta il noto effetto di blocco da parte di alti dosaggi di progestinici.

La proteina AR è codificata dal gene AR sito sul cromosoma X: Xq11-12.

La funzione principale della macromolecola recettoriale AR è esplicata mediante il legame al DNA e consiste nella regolazione dell’espressione genica necessaria allo sviluppo e al mantenimento del fenotipo maschile. Accanto a questo ruolo, numerose altre attività fisiologiche sono mediate dalla sua attivazione.

In alcune cellule il testosterone interagisce direttamente con AR, mentre in altre l’intervento dell’enzima 5-alfareduttasi converte il principale ormone maschile in diidrotestosterone, un agonista molto più potente che si ritiene responsabile dei caratteri sessuali secondari maschili. Infatti, il testosterone sembra essere l’ormone che agisce prevalentemente nelle cellule del dotto di Wolff, mentre il diidrotestosterone è lo steroide sessuale principale per il seno urogenitale, per il tubercolo urogenitale e per il follicolo pilifero, con l’effetto della distribuzione maschile del pelo corporeo, l’arretramento della linea di inserzione frontale del cuoio capelluto e lo sviluppo di baffi e barba.

Attraverso il legame con AR gli androgeni causano il rallentamento dello sviluppo osseo epifisario, anche se un più potente effetto di limitazione dell’altezza deriva dall’aromatizzazione in estrogeni degli steroidi maschili. Nella sindrome di insensibilità agli androgeni, un tempo detta “sindrome della femminilizzazione testicolare”, venendo a mancare questa azione sulle epifisi ossee, si ha una maggiore durata del periodo di sviluppo delle diafisi delle ossa lunghe, con un’altezza conseguentemente superiore alla media.

Gli studi su topi knockout per il gene del recettore AR hanno dimostrato la sua importanza anche per la fertilità della femmina. Infatti, prendendo parte a  meccanismi intra-ovarici e neuroendocrini, interviene nei processi necessari allo sviluppo e alla completa funzionalità dei follicoli ovarici e dell’ovulazione.

Nel maschio, l’integrità dello scheletro osseo è mantenuta grazie alla segnalazione mediata da AR per osteoblasti ed osteociti.

Come si è accennato, il principale meccanismo d’azione mediato da AR è la diretta regolazione della trascrizione genica. Il legame dello steroide determina un cambio conformazionale nella macromolecola recettoriale che a sua volta causa il distacco di HSP (heat shock proteins), il trasporto dal citosol al nucleo e la dimerizzazione. Il dimero di AR si lega ad una specifica sequenza del DNA detta HRE (hormone response element). Gli AR interagiscono con altre proteine nel nucleo per determinare l’aumento o la riduzione della trascrizione di specifici geni. Uno dei più noti geni attivati da AR è quello che codifica IGF-1R.

Il recettore degli androgeni può agire indipendentemente dal suo legame alla sequenza HRE del DNA facilitando il reclutamento di altre proteine che si legano al DNA, come nel caso del serum response factor, una proteina che attiva vari geni responsabili della crescita muscolare.

Relativamente di recente si è accertata una seconda modalità di azione per i processi mediati da AR. Come per altri ormoni steroidi, quali gli estrogeni, gli AR possono interagire nel citoplasma con proteine di trasduzione del segnale e causare rapidi cambiamenti nella fisiologia cellulare, quali quelli legati al trasporto di ioni. La regolazione delle vie di trasduzione del segnale mediata dagli AR citoplasmatici può indirettamente portare a modifiche della trascrizione genica, ad esempio attraverso la fosforilazione di altri fattori di trascrizione genica.

La mielinizzazione è il processo durante il quale si produce la membrana mielinica e si realizza il suo avvolgimento intorno agli assoni dei neuroni durante lo sviluppo. Il processo si realizza come differenziazione delle cellule di Schwann nel sistema nervoso periferico e quale differenziazione degli oligodendrociti nel sistema nervoso centrale[1]. Lo studio della comparsa nella filogenesi della mielina, che realizza uno straordinario aumento di efficienza funzionale del sistema nervoso, ha fornito un notevole contributo alla neurobiologia ed ha fra l’altro rivelato l’evoluzione di proteine esclusive della mielina centrale e di quella periferica.

La formazione della guaina mielinica dei neuroni del sistema nervoso centrale, che costituisce la sostanza bianca dell’encefalo e del midollo spinale, è un processo di maturazione degli oligodendrociti, che è stato analizzato grazie alla scoperta di vari fattori di trascrizione espressi nelle fasi precoci di specificazione e differenziazione di queste cellule, e che prosegue in parte dopo la nascita. La maturazione della corteccia cerebrale della nostra specie, durante la pubertà e l’adolescenza, consiste in una progressiva estensione della mielinizzazione fino al completamento che conferisce al neuroimaging l’aspetto tipico della superficie esterna degli emisferi dell’adulto.

Un notevole impegno della ricerca è stato prodotto nello studio della regolazione della mielinizzazione, che è clinicamente correlata con la patologia neuroevolutiva, ma negli anni recenti è cresciuto anche il numero degli studi specificamente rivolti alla conoscenza della rimielinizzazione, ossia di ciò che accade quando l’organismo è indotto a ricostituire il prezioso rivestimento alterato o perduto. Un tale processo è possibile nell’encefalo e nel midollo spinale, come ricordano gli autori dello studio qui recensito, grazie all’enorme quantità e diffusione di progenitori di oligodendrociti. Molti dati ottenuti dallo studio della regolazione della mielinizzazione sono comparabili a quelli emersi nell’analisi dei processi di ricostituzione delle membrane di isolamento, ma alcuni aspetti sono esclusivi della rimielinizzazione.

La demielinizzazione nel sistema nervoso centrale può verificarsi per esposizione a tossine, ma la causa più comune di perdita del rivestimento oligodendrogliale è la sclerosi multipla (SM), una malattia cronica infiammatoria demielinizzante e neurodegenerativa del sistema nervoso centrale, nella quale la distruzione delle membrane mieliniche e degli oligodendrociti che le hanno prodotte è dovuta a processi autoimmunitari.

Lo studio della rimielinizzazione si realizza secondo due approcci principali: 1) la riparazione del danno mediante cellule trapiantate; 2) la stimolazione della riparazione da parte di progenitori di oligodendrociti endogeni che rimangono all’interno e intorno alle lesioni della SM.

Rimandando per i principali dati emersi dalla ricerca alle trattazioni citate e alle rassegne più recenti, si ricorda che, rispetto a quanto accade nel sistema nervoso periferico, la demielinizzazione nel sistema nervoso centrale è tanto più problematica e grave nelle sue conseguenze di lungo termine perché ogni singola cellula oligodendrocitica può fornire la mielina a 40 o più assoni circostanti.

Nella sperimentazione condotta da Bielecki e colleghi, dopo una demielinizzazione della porzione ventrale del midollo spinale indotta in ratti maschi mediante lisolecitina, il reclutamento di astrociti esprimenti FAP (fibrillary acidic protein) era compromesso in assenza di testicoli e testosterone segnalante via AR.

Concomitantemente si registrava la perdita di efficienza dei processi di differenziazione di progenitori oligodendrocitici in cellule mature producenti mielina positiva a MBP e PLP.

In assenza di astrociti si verificava in qualche modo un processo parziale di rimielinizzazione, ma con una evidente alterazione della composizione molecolare della membrana. Infatti questa mielina formata risultava positiva alla P0 e alla PMP22 che, in condizioni normali, sono prodotte esclusivamente dalle cellule di Schwann nel sistema nervoso periferico.

L’osservazione sperimentale ha confermato che il testosterone, mediante il suo legame ad AR, poteva promuovere il raccogliersi e il convergere degli astrociti in grado di indurre la risposta fisiologica degli oligodendrociti, per la ricostituzione della mielina nella sua composizione biochimica naturale e funzionalmente efficiente.

Gli autori dello studio ipotizzano che questo ruolo del testosterone nella rimielinizzazione possa avere radici nella storia evolutiva del recettore degli androgeni, basandosi sul fatto che AR è derivato, nel corso dell’evoluzione, da un recettore ancestrale dei 3-chetosteroidi, per effetto della duplicazione di un gene che si è verificata nell’epoca in cui la mielina è apparsa nei vertebrati forniti di mandibola articolata.

Noi riteniamo che il risultato di questo studio possa dare indicazioni importanti per la ricerca non solo sulle malattie demielinizzanti e sulla patologia legata all’invecchiamento cerebrale, ma anche sulla fisiopatologia di vari disturbi psichiatrici. In proposito, si vuol sottolineare che da anni la nostra società scientifica pone all’attenzione di studenti e studiosi i rapporti fra ormoni steroidi sessuali e disturbi psicopatologici, come nel caso della dimostrazione degli effetti inibitori del testosterone sull’asse adrenomidollare, la cui iperattivazione ha un ruolo cruciale nella patologia dei disturbi d’ansia e depressivi[2].

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Nicole Cardon

BM&L-17 dicembre 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Una trattazione esaustiva dell’argomento, anche se non aggiornata alle ultime ricerche, si trova nell’opera in due volumi: Lazzarini R. A., Myelin biology and disorders. Elsevier Academic Press, San Diego 2004. Si veda, per aggiornamenti ed accurati approfondimenti delle singole aree di studio della glia: Kettenmann H. & Ransom B. R., Neuroglia. 3rd edition, Oxford University Press, New York 2013.

[2] Note e Notizie 26-11-16 Il testosterone ha efficacia antidepressiva ed influenza neuroplastica. V. anche, per l’azione degli estrogeni: “Depressione nelle donne di mezza età” in Note e Notizie 26-11-16 Notule.